Prendo spunto da un tema frivolo, come può essere il campionato mondiale di MotoGp, per mostrare un qualcosa di un pelo più profondo e che riguarda virtualmente ognuno di noi senza grosse distinzioni, anche se magari qualcuno potrebbe erroneamente ritenersi immune o estraneo al fatto.
Con buona probabilità, perfino se non siete appassionati del settore, anche solo per sbaglio avrete letto e/o sentito dell'”incontro ravvicinato” verificatosi ieri durante il gran premio della Malesia tra Valentino Rossi e il giovane spagnolo Marc Marquez, culminato con la caduta di quest’ultimo e il conseguente ritiro dalla corsa.
Per chi non fosse avvezzo alla questione, faccio un breve riassunto o, per dirla da fighi professionisti manager attenti all’immagine e alla produttività, vi fornisco un informational background. Rossi, su Yamaha, quest’anno è in piena lotta per la vittoria finale del campionato assieme al suo compagno di squadra, Jorge Lorenzo, spagnolo pure lui come Marquez (in sella a una Honda), ed è in testa alla classifica praticamente dalla gara inaugurale della stagione. Prima della tappa di ieri in Malesia, Rossi aveva un vantaggio di 11 punti su Lorenzo, che non sono tantissimi se si pensa che il vincitore di un gran premio ne riceve 25, il secondo 20, il terzo 16 e così via. Già dopo la gara precedente, disputatasi in Australia, Rossi aveva espresso un giudizio negativo nei confronti di Marc Marquez, reo a suo avviso (e ad avviso di molti) di averlo ostacolato nella sua lotta con Lorenzo facendogli perdere tempo inutilmente. Rivedendo lo svolgersi della gara il dubbio sorge piuttosto prepotentemente, con Marquez che fa melina fino all’ultimo giro per poi accelerare improvvisamente e andare un secondo più veloce di tutti, prendendosi la vittoria su Lorenzo. Rossi, impelegato anche con sorpassi e controsorpassi con Andrea Iannone su Ducati (oltre che con Marquez stesso), finisce quarto. Di qui l’accusa.
Arriva la Malesia. Giovedì, nella conferenza stampa prima del weekend di prove e di gara, Marquez afferma di non avere intenzione di mettersi in mezzo alla lotta tra Rossi e Lorenzo. Durante la gara, però, accade il contrario, con Marquez che prima viene superato da Lorenzo senza il minimo problema e poi ingaggia un duello all’ultimo sangue con Rossi, fatto di sorpassi e controsorpassi anche piuttosto azzardati e rischiosi, specialmente pensando al fatto che Rossi è in piena lotta per il mondiale e Marquez assolutamente no. I due perdono tempo nei confronti dei due leader della gara, Pedrosa (compagno di squadra di Marquez, spagnolo) e Lorenzo alle sue spalle. E non servono nemmeno un paio di “richiami all’ordine” di Rossi a Marquez che, nel frattempo, rischia di mandare l’italiano gambe all’aria con un sorpasso al limite della regolarità.
E arriviamo all’episodio culmine. In una curva Rossi affianca Marquez, ormai totalmente disinteressato della gara, all’interno e lo accompagna verso l’esterno, lanciandogli allo stesso tempo un paio di occhiate da sotto il casco. Lo spagnolo fa per curvare e si appoggia alla gamba sinistra di Rossi, il quale cerca di toglierselo di dosso e facendolo cadere nel tentativo. Pedrosa vince, Lorenzo secondo, Rossi terzo. Il suo vantaggio sul compagno di squadra scende a 7 punti.
Dopo la gara, l’inevitabile penalità a Rossi: nell’ultimo appuntamento del mondiale a Valencia partirà in fondo al gruppo. Lorenzo commenta la decisione definendola ingiusta, in quanto Rossi arriva all’ultima gara ancora con 7 punti di vantaggio su di lui.
Ok, finito il riassunto delle puntate precedenti. Passiamo alla considerazione vera e propria: l’atteggiamento. Sì perchè, alla fine, non ce n’è. Puoi fingere quanto vuoi, fare il simpatico, ridere, fare il figo e mostrare un senso di rispetto e sportività per un po’ di tempo… ma sulla lunga durata, se sei uno stronzo prima o poi salta fuori. Sempre.
Ma non voglio ridurmi a dare giudizi sul comportamento dei vari protagonisti della vicenda, i quali mi servono solo per evidenziare la differenza tra chi fa quello che fa con passione e chi, invece, cerca solo di ottenere fama e saziare il proprio misero ego robotico, non importa come. Se avete seguito un po’ il motociclismo negli ultimi 15 anni (facciamo anche 20), saprete benissimo come a Rossi piaccia correre in moto e lottare per la vittoria con degli avversari acerrimi e agguerriti. Certamente, per lui, la questione fama personale (e smisurato rigonfiamento del portafogli) c’è e magari è pure piuttosto forte, forse in maniera maggiore quando non era ancora il Valentino Rossi che poi è diventato. Però la componente del puro piacere di correre in moto, del divertimento, della sfida e pure, perchè no, delle spallate in pista (tra parentesi: le dava SOLO al suo avversario diretto per il titolo dei vari mondiali, mai per ostacolare un altrui pretendente) è sempre stato fortemente presente.
Marquez e Lorenzo, d’altro canto, dimostrano con i fatti quanto per loro l’unica cosa che conta è la vittoria personale su tutto e tutti con qualsiasi mezzo e mezzuccio. Da bambini e ragazzini probabilmente si divertivano pure; poi hanno visto di essere buoni piloti, le persone attorno hanno montato loro la testa e da quel momento le corse in moto sono diventate solamente il tramite per arrivare a essere famosi e dimostrare di avercelo più lungo degli altri. Puro egoismo, nessun divertimento, nessun piacere. E, quindi, nessun rispetto. Sono le classiche persone disposte a vendere i loro genitori pur di arrivare dove vogliono per soddisfare la loro pochezza interiore. Nel frattempo provano a rendersi simpatici (Lorenzo proprio simpatico non lo è mai stato…), fingono di essere ciò che non sono. Fingono di essere migliori.
Ma il robot emerge sempre. Il vuoto meccanico che accompagna tali persone ormai morte dentro e ipnotizzate alla ricerca della dose suprema della loro droga preferita (il prevalere sugli altri e la ricerca di attenzione) piano piano li consuma, matura e al momento giusto della cottura emerge prepotentemente, senza più maschere e ipocrisie. E’ quello che accade a tutti quando all’entusiasmo per l’attività svolta, per un’azione compiuta, per una parola detta si sostituisce una meccanicità svuotata di significato, privata di consistenza.
Accade a tutti. Ad esempio quando, al supermercato, dite “Grazie” alla cassiera o al cassiere. Quel “Grazie” è sentito? O è solo una convenzione sociale alla quale vi attenete perchè “si fa così” e, non seguendola, potreste passare per scortesi?
Perchè in una discussione volete incessantemente avere ragione? Discutete perchè sentite di volerlo fare o soltanto per prevaricare gli altri e provare a convincervi di essere i migliori, i più fighi dell’universo? E’ tutta una questione egoica, di quanto “piccola” è una persona, ridotta alla miseria, a una vita senza passione, senza gioia, senza entusiasmo. Senza vita.