Tsipras, ma perchè?!

Alla fine quello che era diventato il paladino di tante persone, un uomo deciso a difendere gli interessi del suo popolo (il quale popolo si era appena espresso nettamente a favore di questa linea), un piccolo condottiero contemporaneo contro lo sterco mondialista sottoforma di finanza ed economia da sanguisughe in giacca e cravatta propugnatoci dalle istituzione europee e internazionali, il simbolo di come, a volte, il cane piccolo può tirare una bella zampata a quello grande, ha totalmente tradito tutto ciò che rappresentava.

Ed è un vero peccato. Stava cominciando a piacermi davvero, Tsipras. Sì, perchè inizialmente avevo dei dubbi su di lui. Ho 27 anni ma giusto quattro cose le so e di colletti bianchi con la parlantina buona e l’atteggiamento da “io sto con la gente e con i poveri”, per poi, appena messa sotto il sedere la cadrega (“sedia”, in milanese), dimostrare con i fatti il contrario, ne ho visti fin troppi. E Tsipras mi dava quest’impressione. Non riuscivo a credere che un vero oppositore del cosiddetto “sistema” potesse essere sponsorizzato così tanto dal “sistema” stesso.

Pensavo tenesse il piede in due scarpe: da un lato non affondava pesantemente il colpo verso la questione della moneta-debito e dell’Euro, ma dall’altro cercava di attrarre comunque quella parte di popolazione che almeno le balle più palesi diffuse dall’informazione mainstream le aveva capite.

Poi, piano piano, è andato sempre più in profondità con la questione del debito e delle fregature colossali (ops, è vero: gli “aiuti”) che la cosiddetta Troika stava tirando a nastro in faccia ai poveri, in tutti i sensi, greci. Contemporaneamente, da noi e un po’ in tutto il mondo, giornali e telegiornali, politici, economisti, espertoni di finanza e mastri ferrai hanno cominciato ad andare in paranoia completa, usando termini apocalittici, evocando scenari da fame, morte e distruzione come fosse antani con scappellamento a sinistra. Titoloni a cinquanta colonne, oceani di inchiostro ed elefantiache encicliche verbali. Chi lo chiamava “piromane”, che “se la Grecia esce dall’Euro è la fine”, anzi no, ma forse sì. Il delirio.

Arriva il referendum. “Ma tanto i greci non sono stupidi, non voteranno mai il ‘no'”. E infatti il 60% l’ha fatto: ha votato “no” e la figura di palta se l’è meritata qualcun’altro.

Ma proprio quando si pensava fosse fatta, che fosse giunto il momento di affondare definitivamente il coltello nelle budella degli aguzzini col vestito buono e la faccia curata, Tsipras si traveste da Bruto, estrae improvvisamente la lama dal corpo ferito della Troika, e la infilza violentemente nella schiena della sua stessa gente. Per il “sistema” è allarme rientrato: i media parlano dell’accordo trovato come di una vittoria clamorosa, una catastrofe sfiorata, un rinsavimento in zona Cesarini.

A me dispiace. Per molte settimane è stata fortmente alimentata una speranza, sottoforma di un giovane ometto dal Paese di Aristotele, di Platone e della democrazia. Ed è proprio questa speranza la vera vittima di tutta la faccenda. Alexis, questa non possiamo proprio perdonartela. Non ci sono indizi in questo senso, e credo sia soltanto un’ipotesi molto ipoteticamente ipotetica, ma se mai dovesse venire fuori che ‘sta storia è stata tutta una messinscena, che Tsipras ha seguito una sorta di copione politico, così come succede, chessò… da noi, il giovane ometto dal Paese di Aristotele, di Platone e della democrazia meriterà di essere ricordato come un traditore di primissima grandezza, posizionato tra Giuda (capoclassifica indiscusso) e il suddetto Bruto.

Vabbè, dai, sarà per la prossima.

#economia, #elite, #finanza, #grecia, #politica-2, #potere, #stampa, #tsipras

Con chi gioca Monti

E’ passato un bel lasso di tempo dall’ultimo post e me ne scuso, ma tra l’università e mille frizzi lazzi e mazzi vari sono un po’ preso in altre faccende private.Vi propongo un bell’articolo sul robot umanoide comunemente chiamato Mario Monti. Già l’anno scorso vi esplicitai i miei forti dubbi nei suoi riguardi, ricordate? Oggi, sostanzialmente, abbiamo tante conferme sul fatto che quei dubbi fossero decisamente fondati.

(articolo da Byoblu.com)

Per quale squadra sta giocando, Monti, la nostra partita?

Claudio Messora Ultima Parola Stati Uniti d'America Crisi

Quando, esattamente un anno fa, Monti si insediò a Palazzo Chigi, l’unica visione che si era autorizzati ad averne era quella dell’urgenza e della necessità. Lo spread era schizzato allo stelle, i giornali all’unisono titolavano “fate presto!”, l’opinione pubblica era annichilita. Chiunque, mantenendo la calma, si permetteva di “continuare a ragionare” era visto come un pazzo, e sostenere che qualcosa non andava era il modo migliore per farsi isolare come un pericoloso criminale nemico del Paese. Tutt’al più, come il peggiore complottista del secolo (vedi articolo di Pierluigi Battista sul Corriere).

Eppure, bastava fare quattro ricerche online, incrociare un po’ di dati, scaricare qualche documento per rendersi conto che qualcosa stava succedendo, e non era qualcosa di buono per la lunga e travagliata evoluzione delle forme di governo che dal cosiddetto “ancien régime” aveva portato alle grandi democrazie liberali. Qualcuno aveva giocato sporco. Grandi banche come la Deutsche Bank avevano venduto miliardi di titoli di stato italiani, alzando alle stelle i tassi di interesse. Negli ambienti finanziari circolava voce che dietro al bombardamento speculativo ci fosse Goldman Sachs. Un signore sconosciuto alle masse di elettori era stato nominato Senatore a vita e Presidente del Consiglio dalla sera alla mattina. Un altro Senatore, Massimo Garavaglia, rivelò in seguito che una delegazione della Troika, in avanscoperta, aveva precettato ogni singolo parlamentare, costringendolo a dare il suo sostegno a un nuovo Governo che non solo non si era ancora formato, ma che non avrebbe neppure potuto essere in discussione, dato che formalmente era ancora in carico quello di Silvio Berlusconi e le consultazioni con il Presidente della Repubblica non avrebbero dunque potuto essere mai state avviate. Era una nuova marcia su Roma, che avrebbe trasformato il Parlamento in quella nuova “Aula sorda e grigia” che per lungo tempo avrebbe votato qualsiasi cosa, schiacciata tra la paura di perdere tutto e un’opinione pubblica che le avrebbe attribuito la responsabilità di tutti i mali, anche di quelli che avevano origini lontane.

E chi era mai questo Monti, proclamato salvatore della patria da un Presidente della Repubblica che si stava comportando come Vittorio Emanuele III, quando su mandato della finanza e delle élite svuotò il Parlamento di ogni sua efficacia, manovrando segretamente per la firma del Patto di Londra e violentando la sua vocazione non interventista per condurre il Paese dritto nella Prima Guerra Mondiale? Era espressione dello stesso potere che aveva impedito il referendum in Grecia, rovesciando il Governo e ponendolo sotto la dittatura della Troika, e che aveva speronato e poi abbordato anche l’Italia, prendendone il comando per realizzare le sue politiche neoliberiste, che passavano per la costruzione degli Stati Uniti d’Europa e per il processo di deindustrializzazione italiano iniziato alla fine degli anni ’80.

Burocrate europeo di lunga data, membro dell’unica Commissione Europea costretta alle dimissioni in blocco perchè nessuno dei commissari “poteva non sapere”, e soprattutto triumviro della Commissione Trilaterale, la potente organizzazione privata americana nata per volontà di Rockefeller con lo scopo preciso di superare le lungaggini delle democrazie parlamentari, perché (documenti alla mano) “le uniche democrazia che funzionano sono quelle dove la maggioranza del popolo rimane in apnea, ai margini del dibattito politico”, Mario Monti era il potentissimo rappresentante europeo delle lobby americane che aveva lo scopo preciso di costruire gli Stati Uniti d’Europa. Non era un obiettivo secondario, ma una vera e propria missione cui Monti è stato devotamente dedicato per anni (“committed”, come campeggiava in inglese sul suo curriculum).

Il modello doveva “orecchiare” quello degli Stati Uniti d’America, tuttavia con una differenza sostanziale: mentre gli Stati Uniti d’America si erano costituiti dal basso, con una rivolta fiscale nei confronti della madre patria che aveva condotto prima di tutto alla rivoluzione, e poi a una serie interminabile di confronti tra i vari stati per decidere della forma di Governo più opportuna, della struttura bicamerale e della composizione stessa delle camere, attraverso una accesissima sequela di scontri che portarono, secondo un processo eminentemente democratico, al famoso “compromesso del Connecticut”,  il progetto degli Stati Uniti d’Europa è sempre stata un’aspirazione elitaria, portata avanti all’insaputa dei popoli europei e spesso contro il loro stesso volere, come dimostra la lunga sequenza di referendum mai indetti, o che hanno avuto esito negativo oppure che, addirittura, sono stati fatti rifare fino a quando il responso non è stato quello voluto.

Perché? Nelle parole dello stesso presidente del Consiglio si possono scorgere alcune chiavi di lettura. In un incontro tenutosi all’ambasciata italiana di Washington, nello scorso febbraio, Monti ha detto esplicitamente che “Le imprese americane, soprattutto le grandi, sono state sempre tra i fattori di spinta dell’integrazione europea, per il loro vantaggio materiale“. Ed essendo la Commissione Trilaterale una potente rappresentanza proprio delle lobby americane, si comprende come la missione di Monti, alla Trilaterale, dovesse proprio essere quella di lavorare affinché si pervenisse celermente alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa. Un obiettivo perseguito non in nome del popolo italiano, al quale la sua attuale carica di capo dell’esecutivo lo legherebbe, ma in nome di organizzazioni economico-finanziario-industriali di un altro continente.

Ma come è possibile forzare stati sovrani, che hanno alle spalle una tradizione secolare di autonomie e tratti identitari? La seconda, rilevante chiave di lettura arriva ancora dallo stesso Presidente del Consiglio, che in una conferenza tenuta all’Università Luiss Guido Carli, rivela:

« Nei momenti di crisi più acuta: progressi più sensibili. Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di gravi crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti di sovranità nazionali a un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata. […] Abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti, ma quando una crisi sparisce rimane un sedimento, perché si sono messi in opera istituzioni, leggi eccetera per cui non è pienamente reversibile. »

Nel video, che ho presentato durante la puntata di venerdì scorso dell’Ultima Parola, Monti afferma di avere una vera e propria “distorsione“, in relazione al modo in cui si devono creare le condizioni per la costituzione degli Stati Uniti d’Europa. La sua distorsione arriva con tutta evidenza dal progetto che persegue da anni per conto dei potenti ambienti economico-finanziari e commerciali (ivi comprese le cariche in Goldman Sachs, Moody’s, i think tank come Bruegel, gli Aspen Institute, i Forum Ambrosetti, i vari Council di cui è membro, ma soprattutto la Commissione Trilaterale): l’unificazione delle interlocuzioni politiche e commerciali per conto delle lobby americane, ovvero la costruzione dell’Europa politica unificata, da attuarsi mediante lo smantellamento delle sovranità nazionali indotto da una profonda, irrisolta e possibilmente irrisolvibile crisi economica.

Se il progetto è questo, si capisce perché si devono fare manovre finanziarie peggiorative o neutre, inseguendo un modello di austerity incomprensibile che, secondo molti economisti – soprattutto all’estero – rappresentano l’estrema unzione per le economie nazionali: “Abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti”. Monti, in nome e per conto di quell’1% elitario che gli ha affidato il mandato, ha bisogno di un permanente e profondo stato di crisi, come condizione necessaria perché quei popoli, che hanno sempre detto no agli Stati Uniti d’Europa, quei popoli che invece dovrebbero stare in apnea, ai margini del dibattito politico e non disturbare il manovratore con la loro pretesa di sovranità, assegnata loro da una Costituzione troppo “socialista” e da smantellare nel segno della nuova lotta di classe del terzo millennio, possano finalmente non solo acconsentire, ma chiedere a gran voce che si faccia qualcosa e che si faccia presto, non importa cosa e non importa come, perché rinuncino cioè alla loro storia e ai diritti conquistati nella seconda metà del secolo scorso per farsi capitale umano “cheap” e disponibile per la delocalizzazione della produzione intercontinentale. Da qui lo smantellamento dei diritti e l’unica forma di svalutazione possibile, essendo venuta a mancare quella monetaria: quella dei salari.

E’ per questo che pianse, la Fornero, quando nei primi giorni dopo il suo incarico mise mano allo stato sociale faticosamente costruito e guadagnato dai nostri nonni? Io credo di sì, credo che fosse per questo. Ma un anno fa, quando andai a Matrix insieme a Paolo – che ancora non conoscevo bene -, non potevo sapere che sarebbe stato ancora peggio di quanto, faticosamente, la mia ricostruzione di quei giorni avesse pure in maniera inquietante prospettato. Avevo tra le mani una pagina di un libro di storia, scritta di mio pugno, che sarebbe stata pubblicata solo molto tempo dopo. Non potevo ancora sapere di essere un contemporaneo che, per una strana ed irripetibile configurazione della rete, aveva gettato lo sguardo oltre la siepe, o allungato il collo fuori dalla scatola nera, ‘Out of the box’, come si potrebbe dire usando una metafora cara alla filosofia del pensiero laterale.

#berlusconi, #elite, #monti, #politica-2, #potere

Ci vuole un cambio di mentalità

E rieccomi dopo alcuni mesi di assenza dal mio piccolo nido blogghettaro per sciorinare una questione di discreta importanza.

Il popolo italico è tornato dalle ferie ebbro di tanta cioia, come dicono Ratzinger e più o meno tutti i teutonici ansiosi di parlare l’itagliano. E mentre i media diffondono il terrore psicologico di miliardi di euro mandati in fumo in tre quarti di secondo, di ricamati tagli alle spese dello Stato (leggi “meno soldi per il popolo e più ricchezza per i più ricchi”), la piccola solfa quotidiana è all’incirca la stessa. L’unica differenza è l’aggiunta spropositata di coloriti epiteti rivolti a destra e in alto in impeti furiosi di rabbia hulkiana, con tanto di camicia strappata (i pantaloni, chissà perchè, rimangono sempre interi) e urla animalesche.

In ogniddòve è la frustrazione a dominare. E i canali di sfogo sono: il governo e le banche, puntualmente riempiti di sonore offese verbali e scariche rabbiose di espressioni facciali contornate da un sottile filo di bavetta e gesti corporei degni del peggior ultrà bergamasco (non me ne vogliate).

La soluzione ultima sembra quella del “mandarli tutti a casa e sostituirli con altre persone, migliori”. Ingenui.

Tenuto conto che i veri detentori del potere decisionale rimangono imboscati dietro i pagliacci da tiggì e da quotidiano, la semplice sostituzione di suddetti ciarlatani non risolve nulla: i capi supremi faranno sì che altri ciarlatani, questa volta vestiti eleganti, vadano in primo piano e, beffa aggiunta al danno, ottengano il sostegno spontaneo del volgo al grido di “libertà!” ed altri spropositi simili. Questa rivoluzione andrebbe a puttane in poco tempo.

Sia chiaro, meglio che niente, eh: un bel moto di risveglio non è mai un brutto affare.

Ma, a mio modesto avviso, il problema resterebbe. Perchè? Benissimo, ammettiamo anche che per intercessione divina i supremi venissero defenestrati (nel senso che venissero lanciati dal 160esimo ed ultimo piano del Burj Khalifa). Pensate che, nel tempo, nessuno e dico nessuno riuscirebbe a prendere il loro cadreghino? Che non si formerebbe una nuova èlite? Nah.

Come sempre, o quasi, in questa società si pensa di risolvere i problemi che ci affliggono, quando in realtà si sta iniettando solo un insipido placebo. Ma mentre con il famigerato “effetto placebo” si può anche stare effettivamente meglio, qui è una illusione bella e bona.

Il primo esempio che mi balza al cervello è quello dell’industria farmaceutica. E’ piuttosto banale, in effetti, e il solo parlarne rischia di far cadere in depressione, portandovi ad avere effettivamente bisogno delle “cure” di Big Pharma. Detto brevemente: le aziende farmaceutiche non traggono profitti dal far stare bene le persone, ma dal far perdurare le malattie. E’ piuttosto ovvio, se ci pensate: più la gente sta bene, meno farmaci si vendono e meno introiti ci sono per Bayer e soci.

Il secondo esempio è quello dei criminali, forse meno evidente del primo e proprio per questo più interessante. Cosa facciamo noi, ora, quando (e se) becchiamo un criminale? Lo distruggiamo, sostanzialmente. A meno che non abbia i soldi, certo… In pratica, il ciula di turno viene massacrato, sbattuto in galera e la sua vita è rovinata. Viene giudicato e punito. E in questo modo noi pensiamo di aver “fatto giustizia”, di aver “tolto un criminale dalle strade”, di aver “ridotto la criminalità” e altre fandonie del genere. Fandonie, appunto. In realtà, il problema non si è spostato di una virgola: è lì, come prima più di prima.

Ciò per dire che è inutile prendersela con le persone fisiche attrici del momento. Il problema è a monte: è la mentalità. Basta fermarsi un picosecondo e ragionarci sopra, anche se il lavoro, e “devo fare questo”, e “devo andare di qua”, e “chissà cosa pensa di me”, e “devo dimagrire” e cazzi simili tendono a bloccarci.

La società odierna, come (purtroppo) tutte quelle del passato conosciuto, ha un totem centrale intorno al quale è costruita: l’egoismo. L’idea stessa di “potere” è una rappresentazione dell’egoismo e il voler controllare la massa, dividerla e dominarla, lasciandole soltanto l’insulsa sensazione di essere libera, beh… Fate voi. Chi ha il potere lo protegge a tutti i costi e ne vuole sempre di più: chi ha soldi li protegge e ne vuole sempre di più. Moriranno milioni di persone per l’interesse di pochi? Ecchissenefrega!

I media diffondono quotidianamente paura e diffidenza, in modo da alimentare l’ego e l’istinto di sopravvivenza. Bisogna possedere oggetti, ottenere giudizi sempre positivi dagli altri, essere sempre i migliori, in competizione. Quando non si parla di xenofobia, omicidi, crisi economiche, pessimismo e rassegnazione, quali argomenti vengono tirati in ballo? Il gossip, il calcio (soldi, competizione ed egoismo nascosti dietro un pallone), la cucina e quelle simpaticissime fiction.

Ma il bello? La gioia? L’altruismo, la compassione, le persone vere? No, sempre meno, perchè non puoi fidarti degli altri. Hai sentito di quel russo che ha mangiato un uomo? O di quella donna scippata a Roma, che adesso è in coma? E gli immigrati? No no, io penso per me e stop. Gli altri si fottano.

Ma se invece di pensare ai soldi, al potere e al successo, pensassimo chessò… all’effettivo benessere? Se, così per dire eh, curassimo effettivamente le malattie?
Se, invece di giudicare e punire la singola persona, provassimo a capire la cause del suo agire? E di quello degli altri? E se provassimo a risolvere effettivamente il problema? Non si riuscirà a debellarlo e non sarebbe nemmeno meglio farlo, ma ridurlo drasticamente sì.

E’ piuttosto semplice, per cominciare. Tra le varie conseguenze (che diventa causa a sua volta) della mentalità egoistica dominante, ce ne è una secondo me sottovalutata: ricordare le proprie esperienze in maniera distorta. Mi spiego. Mi è capitato tante volte di sentire persone dire “Eh, la vita è dura. Io ho avuto tante delusioni, tanti momenti brutti. Quelli belli sono pochi, molto pochi. Ho dato tanto e ho preso solo sberle, ma adesso basta” e poi magari aggiungere, in uno sprazzo di lucidità, “Però, comunque sia, è bella la vita”. Ci si dimentica troppo facilmente dei bei momenti per concentrarsi su quello che ci ha fatto male e ciò influenza abbastanza pesantemente la nostra psiche. Una risata, un panorama, uno sguardo, una figura di merda, un consiglio. Le cosiddette “piccole cose”. Non siamo abituati a goderle e, di conseguenza, a ricordarle.

Solo allora si riesce a vedere la vita (o forse è meglio dire “esistenza”) per quella che è: stupenda, nella quale sia il bello che, forse soprattutto, il brutto sono occasioni perenni per crescere ed evolvere. In positivo, non in negativo: occasioni, non punizioni.

E allora fanculo il potere! Fanculo il governo, l’economia, Monica Setta, Studio Aperto e il Papa! Non abbiamo bisogno di voi. Sappiamo come si vive, siamo esseri evoluti, cazzo! Non ci fate più paura e anzi vi esortiamo ad evolvere voi stessi. Ora sappiamo perdonare e non punire, comprendere e non giudicare, amare e non odiare. Siamo liberi con noi e fra di noi, perchè, senza la libertà fra le persone, chiedere la libertà dall’oppressione di qualche dittatura è miopia, anche se non è sbagliato.

La rivoluzione più potente che si possa mai compiere è la drastica riduzione dell’egoismo, che è la mentalità propagandata dal potere e nella quale ci perdiamo inutilmente. Le persone vanno e vengono, per questo è utile solo fino ad un certo punto cacciare presidenti e ministri insieme ai banchieri. Dopotutto, anche loro sono persone venute al mondo dall’unione di uno spermatozoo con un ovulo e sono cresciute sul nostro stesso granellino di sabbia nell’Universo.

Si potranno abbattere governi, girare il mondo sottosopra, e comunque, se la mentalità dominante tra la gente stessa, ancor prima che tra i potenti (che, almeno per parte della loro vita, fanno parte della gente) sarà l’egoismo, nulla cambierà . Ah no, scusate: invece di “fanculo Berlusconi” diremo “fanculo Fini”. Eh beh…

#coscienza, #elite, #liberta, #mente, #persona, #potere

Gheddafi, il nuovo cattivo

Tutti smentiscono di essere lì, in Libia, per ammazzare Gheddafi. Tutti dicono di essere lì per proteggere i civili eccetera eccetera. Ok, tenendo ciò per buono, lancio una previsioncina: Gheddafi verrà spinto a fare qualcosa di “inaccettabile” agli occhi di tutti, un grave episodio di… boh, violenza oppure, chessò, comincerà a sparare falli metallici (detti “missili”) in mezza Europa, oppure mostrerà il carnoso deretano al mondo intero in pieno stile Bart Simpson, non lo so… Farà comunque qualcosa per cui perfino la missione ufficiale, e non solo quella ufficiosa, diventerà “stanare ed uccidere Gheddafi”, così i paladini miopi a difesa dei diritti umani (a proposito, il Ruanda, l’Uganda e mezza Africa? Ah già, scusate: il tiggì non ne parla…) avranno una preda sulla quale scagliarsi famelici. Manca la “grande scusa” per mandare giù ondate su ondate di soldatini a fare macello ed “esportare la democrazia” U.S.A. style.

Magari mi sbaglio…

#assassinio, #bugie, #guerra, #informazione-2, #media, #potere

Ancora su Wikileaks: Assange è un gatekeeper?

(tratto da Luogocomune.net)

Julian Assange: Tarpley chiude il cerchio?

Forse Webster Tarpley ha scovato l’”anello mancante” che confermerebbe i numerosi sospetti nati intorno alla figura ambigua di Julian Assange. Vero eroe della libera informazione, o gatekeeper governativo di massimo livello?

Noi già, di fronte ad un personaggio che nega categoricamente il complotto dell’11 settembre, certe conclusioni le avevamo tratte. Ma Tarpley è andato oltre, scovando una curiosa “connection” fra il titolare di Wikileaks e Cass Sunstein, ovvero l’uomo di Obama che predica proprio la cosiddetta “infiltrazione cognitiva” dei gruppi “complottisti” tramite Internet. Che dite, sarà soltanto l’ennesima casualità?

Presentiamo una breve notizia dell’ANSA di ieri, che riporta alcune opinioni di Tarpley su Assange, seguita da un commento dello stesso Webster Tarpley, scritto in italiano. [NOTA AGGIUNTIVA: Al momento l’articolo dell’ANSA non è reperibile sul loro sito].

WIKILEAKS: TARPLEY, E’ STRIP-TEASE CIA PER COLPIRE NEMICI. A PARTIRE DA BERLUSCONI-PUTIN. LO DICE GIORNALISTA INVESTIGATIVO (ANSA) – ROMA, 7 DIC
Le rivelazioni di Wikileaks? “Sono uno strip-tease della Cia per colpire i suoi nemici, a cominciare da Berlusconi-Putin”: lo sostiene il celebre giornalista investigativo Usa, Webster Tarpley all’ANSA. Il rapporto Roma-Mosca “vuol dire fra le altre cose l’oleodotto Southstream, oggetto di odio feroce da parte della CIA. Nessun fantoccio di Washington viene criticato”, ha aggiunto.

I documenti pubblicati rivelano “cose già note da un pezzo, come il desiderio dei Sauditi di colpire l’Iran. Assange dice bene della CIA mostrando di dire male”, aggiunge Tarpley, convinto che “il prossimo passo sarà un ripulisti generale dell’internet, chiudendo tanti siti critici, utilizzando come pretesto dei segreti spifferati da Assange”. Il giornalista non è l’unico ad accusare Assange di fare gli interessi di gruppi occulti: nella schiera dei critici c’é anche John Young, co-fondatore di Wikileaks e ora con un proprio sito indipendente. Webster Tarpley è noto per il suo libro “George Bush: una biografia autorizzata”, e per i suoi articoli sulle stragi dell’11 settembre. L’americano è poi l’autore dello studio “Chi ha ucciso Aldo Moro?” commissionatogli nel 1978 da un esponente del governo italiano. (ANSA).

In proposito, Tarpley aggiunge una
NOTA PER ULTERIORI RICERCHE: Per capire Assange, bisogna rifarsi a Paolo Sarpi, il maestro veneziano dei servizi segreti, il quale ha teorizzato il limited hangout o self-exposure praticato dalla CIA gia’ quattro secoli prima di Assange nel suo parere “Del confutar scritture malediche,” scritto per il Senato il 29 gennaio 1620. (Opere, edizione Cozzi, Milano: Ricciardi, 1969)

Bisogna poi vedere le radici di Assange come individuo, che sono da cercare nel culto menticida di Anne Hamilton-Byrne nei pressi di Melbourne, nell’Australia, negli anni settanta, dove i bambini erano costretti ad ingerire compresse di LSD e altri psicofarmaci potentissimi, fra cui Anatensol, Diazepam, Haloperidol, Largactil, Mogadon, Serepax, Stelazine, Tegretol e Tofranil. (LINK, LINK). Questi sono gli stupefacenti che avrebbero plasmato lo strano personaggio che vediamo oggi – fino ai capelli biondi ossigenati che erano un aspetto del trattamento tipico delle piccole vittime della Hamilton-Byrne. Si tratta insomma di un ambiente che puzza di MK-Ultra, famigerato programma della CIA per fabbricare zombies.

Dobbiamo notare anche il pensatore totalitario Cass Sunstein, attuale funzionario alla Casa Bianca e gran consigliere di Obama, il quale ha propugnato la “infiltrazione cognitiva” del movimento per la verita’ sui fatti dell’11 settembre 2001 attraverso la creazione di appositi gruppi per spargere disinformazione, confusione, a calunnie. Non e’ evidente che Wikileaks rappresenta la realizzazione di questa strategia?

Notiamo in questo contesto che e’ stato proprio Cass Sunstein a menzionare Wikileaks per la prima volta (ch’io sappia) nella grande stampa americana, scrivendo sul Washington Post del 24 febbraio 2007: “Wikileaks.org, founded by dissidents in China and other nations, plans to post secret government documents and to protect them from censorship with coded software.” [Trad: “Wikileaks.org, fondato da dissidenti in Cina e in altre nazioni, intende pubblicare documenti governativi segreti proteggendoli dalla censura con software criptato”].

Era il primo successo pubblicitario per il gruppo di Assange, e veniva grazie a Cass Sunstein personalmente.
Ad Assange, si sa, la verita’ dell’11 settembre “da fastidio” — benche si tratti della maggiore operazione coperta della CIA dell’epoca contemporanea. Bell’esempio di lotta per la verita’!!

Il nostro articolo su Cass Sunstein: I simpatici consiglieri di Obama

#assange, #bugie, #informazione-2, #media, #nwo, #politica-2, #potere, #wikileaks